Lo smog uccide più in periferia che in centro

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In periferia si muore di smog più facilmente. 

Sono spesso quartieri con minori aree verdi, dove statisticamente risiede ampia fascia di over 65 ed è qui che il tasso di mortalità per i decessi riconducibili a biossido di azoto e polveri sottili sale del 50-60% rispetto alle zone centrali.

Che lo smog uccide più delle guerre l’ho analizzato alcuni mesi fa in questo articolo

Ora uno studio pubblicato su Epidemiologia&Prevenzione che ha preso in esame i dati di Milano per il 2019 certifica che non solo buona parte del Nord Italia sia in perenne sofferenza, come già trattai in quest’altro articolo, ma che esiste una correlazione tra luogo dove si vive all’interno della stessa cinta urbana.

L’imputato è un connubio tra smog e stili di vita meno salutari, questi ultimi secondo lo studio più frequenti tra le fasce deboli che, giocoforza purtroppo, risiedono proprio nelle periferie.

Una sorta di lotta di classe ecologica potrei dire. 

Delle risultanze di questo interessante e ahimé sconfortante studio hanno dibattuto in questi giorni proprio a Milano per la conferenza RespiraMi: Recent Advances on Air Pollution and Health 2024, co-organizzata dalla Fondazione Menarini, in collaborazione con Fondazione Irccs Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, e dall’Imperial College di Londra, con il patrocinio dell’Associazione Italiana di Epidemiologia.

Milano è la seconda metropoli italiana, che sappiamo afflitta da alti livelli di inquinamento, dovuti alle emissioni e alla sua orografia che non la premiano favorendo il ristagno. Tutti argomenti già sviscerati in questi mesi e che i lettori più interessati a questi temi hanno già letto.

Per questo si è scelto il capoluogo lombardo, ma sono ragionevolmente sicuro che sia anche per una superiore disponibilità ad affrontare i problemi, investendo per conoscerli. Anche se baciati da un clima favorevole, questa mia città affacciata sul mare potrebbe rimandare risultati sorprendenti. Grazie anche al fattivo apporto delle navi da crociera

Per valutare gli effetti sanitari a lungo termine sulla popolazione l’Agenzia per la Tutela della Salute di Milano (Ats-Mi) ha condotto uno studio con cui ha stimato i livelli di concentrazione media degli inquinanti (NO2, PM10 e PM2.5) per l’anno 2019 con una risoluzione spaziale senza precedenti, pari a 25 metri quadrati. I dati sono stati poi incrociati con le informazioni sanitarie e anagrafiche georeferenziate già utilizzate per studi di popolazione in Ats-Mi.

I risultati [dello studio pubblicato] permettono di definire una vera e propria mappa dell’inquinamento – dichiara Sergio Harari, co-presidente del congresso, della Divisione di Malattie dell’Apparato Respiratorio e Divisione di Medicina Interna dell’Ospedale San Giuseppe MultiMedica Irccs e dell’Università di Milano – e dei suoi effetti, quartiere per quartiere e rivelano, per la prima volta, che biossido di azoto e polveri sottili hanno tassi di decesso per 100.000 abitanti che possono arrivare fino al 60% in più in alcune zone della periferia milanese rispetto al centro città“.

Ma prima di buttare la croce addosso a Milano, è bene riflettere che zone periferiche con alto inquinamento, intenso traffico, prossimità con tangenziali e snodi autostradali, elevata densità abitativa e assenza di verde sono quasi lo standard lungo la Penisola.

E anche se potrà sembrarvi sociologia spicciola è un dato di fatto che in queste periferie viva la fascia più povera della popolazione. Meno cure, meno tutele, stili di vita spesso sbagliati dovuti alla maggiore indigenza, età media elevata, difficoltà ad accedere ad una assistenza sanitaria di qualità e così via.

Quindi lo smog uccide e lo fa più facilmente perché qui incontra persone vulnerabili. 

Infatti gli oltre 1600 decessi all’anno per tutte le cause attribuibili al PM2.5 e gli oltre 1.300 decessi annui attribuibili al biossido di azoto a Milano non sono distribuiti allo stesso modo sul territorio. “L’inquinamento ha effetti più grandi soprattutto nei quartieri periferici attraversati da strade molto trafficate, densamente abitati e dove c’è una maggior quantità di persone con oltre 65 anni, quindi più fragili di fronte agli effetti dello smog”, ci conferma Francesco Forastiere, co-presidente del congresso, del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Ift) e del Gruppo di ricerca ambientale dell’Imperial College London.

Che prosegue: “Anche altri elementi relativi alle caratteristiche socio-economiche della popolazione possono contribuire a spiegare perché l’inquinamento colpisca più duramente in periferia rispetto al pieno centro. Comunque, il tasso di decessi risulta decisamente maggiore in alcune zone rispetto ad altre, meno urbanizzate e più verdi“.

Per quanto riguarda l’esposizione al biossido di azoto, responsabile del 10% delle morti per cause naturali (130,3 su 100 mila abitanti), i tassi di decessi piu’ alti si sono registrati in quartieri periferici come ad esempio Quarto Oggiaro con 158 morti su 100.000 abitanti e a Gallaratese con 170 su 100.000 abitanti, a fronte di valori attorno a 100 nel centro città – sottolinea Pier Mannuccio Mannucci, co-presidente del congresso, della Fondazione Irccs Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico e del Centro Emofilia e Trombosi Angelo Bianchi Bonomi di Milano – per quanto riguarda il PM2.5, responsabile del 13% delle morti per cause naturali (160 su 100 mila abitanti) e del 18% dei decessi per tumore del polmone, le conseguenze più pesanti si hanno in zone periferiche come Mecenate, Lorenteggio e Bande Nere dove i tassi di decesso superano i 200 per 100.000 abitanti, mentre in pieno centro i tassi di decessi si attestano attorno a 130 su 100.000 abitanti”.

Inoltre sulla correlazione ormai appurata dalla scienza tra smog e malattie cardio circolatorie (non solo respiratorie quindi) nonché aumento di quelle neurodegenerative, dallo studio apprendiamo che “… per quanto riguarda il PM10, a cui si attribuisce il 4% delle morti per cause naturali (50 ogni 100 mila abitanti), a pagare il prezzo più caro alto, ad esempio, la zona di Niguarda, Bande Nere e Gallaratese a ovest e Buenos Aires in centro. L’esposizione cronica allo smog è dannosa per la salute in termini globali, con ripercussioni non soltanto sull’apparato respiratorio, ma anche su quello cardio-circolatorio e un incremento di infarti e ictus”.

Soluzioni? 

Beh, a parte una maggior percentuale di aree verdi e condizioni di vita globalmente migliori, uno studio pubblicato sulla rivista Lancet Public Health dall’Imperial College di Londra, che prende in esame diversi altri studi svolti nel mondo, ha stabilito il favorevole nesso causale con le Ztl. Che giocoforza riducono lo smog causato dal traffico privato.

Ci si arriva pure col buon senso ma è sempre bene quando dati scientifici suffragano la logica. E qui, con 16 studi condotti sulle Ztl in Germania, Giappone e Regno Unito, in cui si dimostra una chiara diminuzione dei problemi a carico dell’apparato cardiovascolare, con meno casi di ipertensione, ricoveri, morti per infarto e ictus direi che possiamo essere sicuri.

Per chi avesse ancora qualche dubbio, uno studio tedesco su dati ospedalieri di 69 città con Ztl ha riscontrato un calo del 2-3% dei problemi cardiaci e del 7-12% degli ictus, con benefici (soprattutto per gli anziani) che hanno comportato un risparmio di 4,4 miliardi di euro per la sanità.

Quindi ridurre il traffico è una via da seguire: e lo fanno già in molte capitali europee. 

Non solo con Ztl ma anche rendendo troppo oneroso usare l’auto privata in centro, come per esempio a Londra.

Nella capitale britannica vige la ULEZ (Ultra Low Emission Zone), dove è consentito l’accesso solo ai veicoli Euro 4 se a benzina o Euro 6 se a Diesel. Chi non possiede una vettura in linea con questi standard può’ utilizzarla previo pagamento di un pedaggio. 

Però, rilevo: se sul piano della salute è approccio condivisibile, resta sullo sfondo un retroterra di disparità sociale. I veicoli più inquinanti sono quelli più vecchi, quindi di solito usati dalle fasce economicamente deboli della popolazione. Imporre a loro un salato pedaggio non è giusto, meglio eliminare alla radice vietando l’ingresso ma con obbligo per le amministrazioni di offrire al contempo una più che efficiente rete di pubblico trasporto a prezzi calmierati.

Si, sono un inguaribile utopista.

Barcellona ha scelto una strada diversa. Grazia alla sua rete stradale a griglia ha sviluppato un modello a superblocchi, cioè grandi isolati il cui perimetro può’ essere percorso dalle auto, mentre l’area all’interno viene restituita a residenti, pedoni e ciclisti. Secondo una stima dell’Istituto per la salute globale dell’Università Pompeu Fabra, questo modello se applicato all’intera città’ potrebbe evitare quasi 700 decessi all’anno, soprattutto grazie alla riduzione dello smog.

Parigi ha scelto il modello della città 15 minuti, un’idea, anzi una filosofia urbanistica che ho raccontato in dettaglio in questo articolo.

La svolta è giovane, serve tempo per accumulare dati e poi analizzarli, ma immagino che già nel 2026 massimo 2027 si potranno tirare le somme e saranno sicuramente favorevoli.

Amburgo è stata drastica: è permessa solo la circolazione di mezzi pubblici, pedoni e ciclisti. Eliminazione completa delle auto entro il 2034. 

Questi alcuni esempi, che inducono ad ulteriore riflessione seppure sia più o meno sempre la stessa dacché ho scelto di pubblicare qui, su questo blog di biciclettine, articoli a tema ambientale: non esiste una sola ricetta valida per ogni contesto.

Ogni città ha le sue peculiarità: orografiche, urbane, sociali. 

Quindi non dobbiamo dibattere se una soluzione sia migliore o peggiore né guardare e copiare cosa fanno gli altri, perché quello che va bene a Parigi non lo fai a Barcellona, Londra o dove vuoi. Cioè, magari alcune cose si ma è per fare l’esempio.

Quello che invece è universale e dovrebbe vedere tutti d’accordo è che una soluzione, più soluzioni, servono. Punto.

Buone pedalate

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